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dimagrire nei disturbi alimentari

testimonianza e riflessione

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La mia testimonianza... Sara M.

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dimagrire nei disturbi alimentariRiprendere in mano la mia vita è stato tanto faticoso.


All'inizio del mio percorso di cura tutto era deformato, partendo dal corpo, infatti il mio obiettivo (sintomatico) era dimagrire per poter avere una vita, iniziare ad uscire e cercare anche un lavoro. Ma ho scelto di continuare ad interrogarmi nonostante la voce della malattia si focalizzava su dimagrire-corpo-cibo e quindi di non rimandare la mia vita assecondando gli schemi malati.
Trovato il lavoro ho ricominciato ad abbuffarmi e vomitare, perché?????? Ho compreso la motivazione: Desideravo inconsciamente sabotare e mollare tutto di nuovo. Ma, con fatica, non l'ho fatto. Mi sono affidata ai miei operatori e in primis dovevo per forza non assecondare più il sintomo tutelandomi il più possibile con gli strumenti interiorizzati.
Per farlo ho iniziato cosi:
non volevo più mangiare ma lo facevo,
non volevo andare più a lavorare ma ci andavo (anche col sintomo),
volevo solo stare nel letto ma non lo facevo, mi alzavo ed iniziavo la giornata.
Ha fatto malissimo perché mi sentivo tremare le certezze malate, scoperta, non capita e arrabbiata in quanto pensavo che non era un bene per me, ma è stato proprio andando contro a quello che voleva la malattia che ho iniziato poi a lavorare su quello che c'era dietro al voler sabotare qualsiasi cosa e al comodo alibi di mettere il sintomo davanti a tutto per annullarmi.
Ho scoperto così il vero mondo deformato che avevo dentro!

Tutto quello che voleva dimagrire era in realtà il mio dolore, la mia confusione, la mia abnegazione nei confronti del mio storico.
La mia infanzia e i traumi vissuti dovevano essere rimossi, tanto facevano male. E allora mi abbuffavo e vomitano tutto quello che non riuscivo a dire, inconsapevolmente.
Non volevo crescere, volevo rimanere bimba perché in debito di tanto affetto da parte di mio babbo, come in attesa di un risarcimento storico di amore che non sarebbe mai arrivato e non volevo responsabilità, come tutte quelle che mi ero presa assorbendo come una spugna i drammi di dipendenza affettiva di mia mamma e la sua isteria. Aveva il potere di buttarmi giù con le parole, le urla e le botte da lividi per poi poco dopo essere la sua splendida figlia.
In tutta questa confusione non avevo scelta, ora si è ho scelto di iniziare a crescere e scavare dentro la mia infanzia da adulta.

Ad oggi sto facendo un grande lavoro per sentire quel dolore rielabolorandolo, mi fa tanta paura e spesso mi devasta ma so anche che mi porterà a stare bene e io voglio con tutta me stessa stare bene.
Posso dire che chiedere aiuto è stata la scelta più bella della mia vita e il ricordo vivo dei periodi più brutti dei disturbi alimentari, della potenza di questa grave malattia fanno parte di me e ne faccio tesoro.
Sara M.

 

 

Riflessione ideale anoressico

ana dca ti divora da dentro

Si è portati a pensare che l’anoressia sia solo restrizione assoluta alimentare.
Così come si pensa che una persona ammalata di anoressia sia solo una persona di pochi chilogrammi.
A me sembra decisamente riduttivo!
E’ vero che molte persone arrivano a pesare pochi chili, ma quelle stesse persone quando hanno cominciato a variare la loro alimentazione pesavano diversamente e non erano forse comunque anoressiche?
Il vocabolario descrive l’anoressia mentale come sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo e questa è l’idea comune delle persone, ma assolutamente riduttiva e incompleta del dramma che si vive.
L’anoressia è una forma mentis.
Quando io ero anoressica ho vissuto brevi periodi di digiuno. Ricordo le mie giornate profondamente ossessive. Ogni cosa aveva orari. Il mio ideale di perfezione era assolutamente surreale. A scuola dovevo avere tutti 11: un 9 era un fallimento.
I cibi erano accuratamente selezionati. Gli affetti dovevano essere controllati. Ogni cosa doveva essere sotto il mio controllo e se non lo era vivevo frustrazioni dolorose. Non sentivo la stanchezza grazie all’iperattività e ai nervi anoressici che mi tenevano su in una forma di euforia onnipotente.
Se qualcuno mi diceva che qualcosa non andava io non gli davo retta, io sapevo cosa dovevo fare.
Io ero anoressica in tutto, in tutte le sfere della vita.
Avevo grandi problemi relazionali con le compagne di scuola.

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Il Dolore non (sempre) si vede, ma ESISTE!

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