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La dipendenza affettiva e/o amore tossico

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Ladipendenza affettiva non va mai sottovalutata

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La dipendenza affettiva e/o amore tossico

Il dramma dei legami affettivi e sentimentali: la dipendenza affettiva potrebbe a ben vedere essere definita anche “amore tossico”. Qualcuno forse ricorderà che la stessa definizione fu usata da Claudio Caligari come titolo del suo film sulla tossicodipendenza nel 1983. Il regista ben comprese l’ambivalenza che lega chi dipende al suo oggetto di dipendenza. La definizione mi sembra ancora più calzante quando si parla di dipendenza affettiva.   Amore tossico: quasi un ossimoro che rappresenta la contraddizione di questo legame. Ti amo se non mi vuoi, se mi fai del male, se mi rifiuti, se mi abbandoni, se mi svaluti o ti amo se ti sottometti, se fai quello che ti dico, se ci sei ogni volta che torno dopo che sparisco, se ti angoscio. Amore Tossico perché distruttivo: la coppia non esiste quando c’è di mezzo una dipendenza: l’altro esiste solo come strumento di riempimento e svuotamento, di distruzione e autodistruzione, di adrenalina e angoscia,. L’altro è tutto: la dipendenza totalizza e cancella qualunque altra sfera di vita e qualunque emozione vitale. Ma proviamo a capire come funziona la dipendenza affettiva, quali sono i sintomi di questo amore tossico, seppur con la consapevolezza che non si può ridurre la complessità e la sofferenza di una dipendenza alla sola fenomenologia.

In primis come in tutte le dipendenze è presente un’ossessione sul proprio oggetto di dipendenza: l’altro occupa tutta la mente, è un’ossessione che martella costantemente, sia se c’è sia se non c’è, sia se in quel momento è amato sia se è odiato. Il resto del mondo si annulla, assorbito e risucchiato dall’impossibilità di (inter)rompere la dipendenza.

Al tempo stesso le emozioni sono anestetizzate, sommerse da picchi umorali intensi che passano rapidamente dall’adrenalina all’angoscia, dall’euforia alla disperazione, dalla mania alla depressione. La polarità depressiva si associa frequentemente alla mancanza dell’altro (angoscia abbandonica) successiva ad un allontanamento o ad un litigio mentre l’euforia alla presenza dell’altro (riavvicinamento post allontanamento). Angoscia e adrenalina si alimentano a vicenda per cui l’una attiva l’altra e ciascuna non esiste se non in rapporto con l’altra. Se non c’è litigio, separazione, allontanamento o minaccia di rottura non c’è neanche il “piacere” del riavvicinamento.

Possiamo parlare di angoscia di separazione come parte integrante e tema centrale della dipendenza affettiva. Questo terrore di separarsi dall’altro si esprime in varie forme: paura di perdere l’altro, paura di rimanere soli, paura di non trovare nessun altro, paura di non essere in grado di farcela da soli.

Tale angoscia mantiene in essere il bisogno fusionale con l’altro, la simbiosi nelle sue due facce: ti voglio/ti amo perchè non posso vivere senza di te, ma proprio perchè non posso vivere senza di te non ti voglio/ti odio.  L’essere un tutt’uno con l’altro è sempre e comunque un’illusione che incontra costantemente nella realtà una delusione atroce, fonte di disperazione profonda che attiva tentativi di riparazione già falliti in partenza. Di fatto è proprio l’illusione di annullare l’altro in quanto tale, di assimilarlo a sé che, in qualità di fantasia impossibile da concretizzare, perpetua l’angoscia di separazione e quindi la dipendenza.

Non esiste possibilità di risolvere la dipendenza dall’interno: il dirsi che questa volta si risolverà, che la prossima volta andrà meglio, che in fondo non si sta poi così male sono effimere illusioni. Cosa fare dunque quando mi accorgo che l’amore che vivo in fondo è un amore tossico?

Non esistono rimedi fai da te, pillole o pozioni magiche, riti, formule o fatture; non conta neanche la volontà o il “coraggio”; l’unica strada infatti per uscire dalla dipendenza è analizzare i significati profondi che nasconde, la sofferenza che seda, i complessi bisogni e meccanismi patogeni che la mantengono in piedi. Per tutto questo c’è bisogno di tempo e di un aiuto concreto. La disintossicazione è impossibile da fare da soli e in fretta. William Burroughs, scrittore e pittore della beat generation ha riassunto questo concetto con questa frase: “quando rinunci alla droga, rinunci ad un sistema di vita”.

Credo che queste parole riassumono bene il senso profondo di un percorso di riabilitazione necessario per risolvere qualunque dipendenza.            

Infine credo sia fondamentale ricordare un altro aspetto importante dell’amore tossico: esso non riguarda il singolo, ma entrambi i membri della coppia. Non è possibile che uno solo sia dipendente e l’altro no: se l’altro infatti partecipa e rimane nelle complesse e perverse dinamiche della dipendenza significa che anche lui/lei è immerso nella patologia, di cui non è nè vittima nè carnefice, ma parte integrante.

Roberta Calvi

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