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DCA: il sintomo alimentare

LO SI AMA E LO SI ODIA  testimonianza e riflessione

Via Sigismondo Pandolfo Malatesta, 38 47921
Rimini, Emilia Romagna, Italy
+39 0541 718283
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e appuntamenti
dal Lunedì al Venerdì
dalle 10.00 alle 13.00

La mia testimonianza... Silvia G.

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IL SINTOMO LO SI AMA E LO SI ODIASintomo: è la manifestazione di un disagio. L’esplosione. Il grido dell’anima. Il dolore che emerge e si maschera in un atto autodistruttivo. Che sia anoressia, bulimia, binge o qualsiasi altro tipo di sintomo.
Il sintomo, lo si ama e lo si odia, lo si vuole e non lo si vuole. Avere un sintomo potente e mortale è una tortura, perché se ne ha ardentemente bisogno. Fa male, ma fa bene. Un paradosso: Un maledetto paradosso.
Una via di fuga. Una scappatoia inconscia per aggirare l’ostacolo, il male storico che sentiamo.
L’unico modo per uscire dal labirinto è interrogare il sintomo, ma mai da soli, bensì sempre con l'aiuto di professionisti specializzati: Perché ce l’ho? A cosa mi serve? Cosa voglio comunicare? Cosa non voglio sentire?
Il sintomo parla. E’ in grado di svelarci tutto il mondo che abbiamo dentro. Più si rimanda, più tornerà, e sempre più violento.
Quando ho smesso di mangiare, non mi rendevo conto del perché lo facessi. Volevo dimagrire, mi dicevo, ma oggi so che c’era molto altro. Un groviglio intricato di situazioni, di eventi e di dinamiche storiche che mi portavo dentro sin da bambina. Un dolore antico sempre scansato…
Dimagrire era come annullarmi. Volevo spegnere la vita in me. Tutto ciò che ero io, doveva sparire, perché ero sbagliata e non potevo accettarmi. Non potevo vedermi crescere, perché io dovevo rimanere bambina. Il sintomo anoressico mi è “servito” ad allontanare la tanto temuta vita adulta. E a tante altre cose… il puro e schietto masochismo che dà godimento, il far preoccupare la famiglia e mettermi in una posizione di centralità assoluta rispetto al mondo, lo scansare le responsabilità, il concentrarmi su me stessa e il mio corpo lasciando tutto il resto fuori…
Quando provavo un’emozione, invece di viverla ed elaborarla, ricorrevo inconsciamente ad un sintomo.
Insieme all’anoressia ho anche un passato di autolesionismo. Quando non riuscivo a parlare, a difendermi, ad arrabbiarmi o a piangere, mi tagliavo. Il sangue mi dava soddisfazione. Il taglio era un mettere un freno all’emozione indesiderata, una protezione, una coccola. Anche qui il paradosso è evidente. Mi facevo del male, ma mi faceva del bene. Il male mi faceva bene! Dopo ogni rito, mi sentivo più leggera. Col sangue usciva fuori il demone che era in me in quel momento. Ma non spariva… si sarebbe ripresentato, sempre più forte e cattivo. Avevo sempre una lametta con me, ovunque andassi. Il pensiero di potermi ferire era un sollievo. Così come il pensiero della morte. Una culla. Se non accetto la realtà, posso sempre uccidermi. Questo pensiero così angosciante mi ha accompagnato per tutta la vita. Ancora li ho, questi pensieri, ma so dove e a chi aggrapparmi per non cadere nel burrone. Quando mi vengono, proprio come quando si ha un sintomo, so come agire e cosa fare, so interrogarmi e tutelarmi, anche se è molto difficile e impulsivamente si è portati a scegliere la strada della sofferenza. Perché, come ho già detto, nella sofferenza c’è un godimento immenso. Una trappola. Perché non basta mai. Si alza sempre la posta. Come col peso, stessa cosa… non andrà mai bene, deve calare sempre di più. Così i tagli dovevano essere sempre di più per raggiungere lo stesso effetto. Come con la droga. Perché avere un sintomo alimentare è come essere drogati, sedati, oppure adrenalinici, iperattivi... il controllo del peso è indispensabile, la bilancia la miglior amica e nemica, il cibo oggetto d’amore e di repulsione.

Silvia G.

 

 

Riflessione ideale anoressico

ana dca ti divora da dentro

Si è portati a pensare che l’anoressia sia solo restrizione assoluta alimentare.
Così come si pensa che una persona ammalata di anoressia sia solo una persona di pochi chilogrammi.
A me sembra decisamente riduttivo!
E’ vero che molte persone arrivano a pesare pochi chili, ma quelle stesse persone quando hanno cominciato a variare la loro alimentazione pesavano diversamente e non erano forse comunque anoressiche?
Il vocabolario descrive l’anoressia mentale come sindrome nevrotica caratterizzata dal rifiuto sistematico del cibo e questa è l’idea comune delle persone, ma assolutamente riduttiva e incompleta del dramma che si vive.
L’anoressia è una forma mentis.
Quando io ero anoressica ho vissuto brevi periodi di digiuno. Ricordo le mie giornate profondamente ossessive. Ogni cosa aveva orari. Il mio ideale di perfezione era assolutamente surreale. A scuola dovevo avere tutti 11: un 9 era un fallimento.
I cibi erano accuratamente selezionati. Gli affetti dovevano essere controllati. Ogni cosa doveva essere sotto il mio controllo e se non lo era vivevo frustrazioni dolorose. Non sentivo la stanchezza grazie all’iperattività e ai nervi anoressici che mi tenevano su in una forma di euforia onnipotente.
Se qualcuno mi diceva che qualcosa non andava io non gli davo retta, io sapevo cosa dovevo fare.
Io ero anoressica in tutto, in tutte le sfere della vita.
Avevo grandi problemi relazionali con le compagne di scuola.

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Il dolore non ha peso 

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anoressia bulimia binge, stesso dolore, stessa gravità
Anoressia, Binge, Bulimia... I disturbi Alimentari, sono patologie troppo spesso etichettate da stereotipi banali. Questi profondi disagi non hanno etichette prestabilite. Sono imprevedibili. Il peso non è un parametro attendibile per riconoscere chi soffre di questo infinito dolore.
Queste malattie non possono essere etichettate: NON HANNO PESO, NON HANNO SESSO (possono colpire sia donne che uomini), NON HANNO ETA' (dai 4 ai 61 anni -dati istat-), NE IDENTITA' DI GENERE.

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