condividi su:
Cosa
nasconde un sintomo? Perché si genera?
Il sintomo è la risposta
"inadeguata e perversa" ad un’angoscia. Se l’angoscia è intollerabile,
se non si può sopportare la frustrazione, il sintomo è l’unica
fallimentare strategia a disposizione: l’illusione di poter “tappare”
l’angoscia attraverso il godimento!
Il godimento e l’angoscia sono
intrecciati, ma non si annullano a vicenda.
L’angoscia è il risultato
della traumatica conclusione della prima esperienza di godimento totale
prodottasi nella simbiosi con la madre avvenuta durante la gravidanza.
Il godimento “mitico” si interrompe nel momento in cui, attraverso il
processo di separazione, il soggetto si stacca dall’Altro.
L’esaurirsi della prima esperienza di godimento rende il soggetto
mancante e genera angoscia e anche desiderio. La mancanza strutturale fa
sì che il soggetto sia un soggetto desiderante, mosso dal principio di
piacere verso il recupero dell’oggetto perduto. E’ necessario però che
il soggetto sia consapevole che tale oggetto non potrà mai essere
recuperato e che la piena realizzazione del soggetto sta proprio
nell’equilibrio dialettico tra il desiderio (mai del tutto soddisfatto)
e il godimento.
L’economia psichica è fondata sulla perdita, sulla
mancanza, sull’assenza, sul venir meno dell’illusione del godimento
senza scarti, senza resto.
Un sintomo segna il fallimento di questa
dialettica tra desiderio e godimento nell’illusione di poter godere
senza resti, di poter godere senza dover incontrare l’angoscia.
Godimento del “tutto pieno” o del “tutto vuoto” è quello che si incontra
nei due versanti compulsivo e restrittivo dei disturbi alimentari.
Godo nell’illusione di riempire il vuoto, di colmare la mancanza o godo
erotizzando il vuoto, pervertendo il desiderio, rendendolo desiderio di
nulla. In entrambi i casi permane l’angoscia. Angoscia che spesso viene
esplicitata come angoscia legata alla dinamica controllo/non controllo
del cibo e del corpo e che in realtà rivela l’impossibilità del soggetto
di controllare/colmare la mancanza strutturale. L’angoscia sentita è
angoscia legata alla frustrazione della perdita originaria.
La via
della cura passa necessariamente attraverso l’accettazione della
frustrazione e l’apertura di un dialogo tra desiderio e godimento. La
via della cura passa attraverso la possibilità di non godere “tutto e
subito” ma di godere di un piacere dilazionato nel tempo, ma stabile e
duraturo, che tollera l’angoscia e non la nega, anzi la accoglie come
dimensione fondamentale dell’essere umano.
DCA
I
disturbi alimentari (anoressia, bulimia, binge eating, ecc.) sono patologie incredibilmente dolorose. Il sintomo evidente riguarda sempre il cibo e il corpo, ma è necessario ricordare che si tratta di un male molto profondo, per questo è importante andare oltre alla superficie sintomatica. I sintomi alimentari comunicano emozioni, dolore e sono la manifestazione di un disagio storico spesso incomprensibile anche per chi lo vive. I sintomi alimentari diventano, paradossalmente, una sorta di rifugio inconsapevole dalla realtà che ha fatto e fa male. Il corpo e il cibo come oggetti che ci si illude di poter controllare. spesso si ritiene che l’unico problema di chi soffre di queste patologie sia proprio quello del corpo, ciò che trae in inganno è proprio il termine DIMAGRIRE. Sul corpo ogni persona materializza il dolore interiore e in questo modo cerca di “dimagrire” proprio quel dolore che in quel momento non ha un nome. I pensieri riguardanti corpo, cibo e i relativi sensi di colpa, imprigionano mente e cuore di chi soffre di questi mali. Chiedere aiuto è il modo per comprenderne a pieno il significato storico e presente.
CONTINUA >>
Ho lottato per 14 anni. Si può guarire, l'importante è farsi aiutare
condividi su:
dal Resto Del Carlino
16 marzo 2017 : Anoressia, il racconto di
ChiaraSole: "La mia guerra contro i disturbi alimentari"
"Ho lottato
per 14 anni. Si può guarire, l'importante è farsi aiutare" di Monica
Raschi
A undici anni i primi problemi di anoressia. A questo
disturbo si è aggiunto quello della bulimia e del binge eating (le
grandi abbuffate), adesso ChiaraSole, 42 anni, riminese, ha vinto la
sua guerra e lotta con la sua associazione per salvare dalla distruzione
altre persone. CONTINUA >>
La Colpa e
il senso di colpa
condividi su:
Tante, troppe volte la parola
”COLPA“ compare nei nostri discorsi e ci
tortura nei nostri pensieri malati.
Questo termine ha significato in
ambito giuridico e presuppone una volontarietà nell’azione,
una
consapevolezza nel commettere un reato.
Riflettendo ci si rende conto di
quanto non ci appartenga, non riguardi la nostra quotidianità, eppure
sentiamo pesante quest’ombra costante.
Quante volte ci siamo ”SENTITE IN
COLPA” per avere mangiato? CONTINUA >>