Non lasciamo morire le anoressiche: costringiamole a curarsi
DA DONNA MODERNA (giornalista Stella Pende)
Questa è la storia di un’amica, una ragazza sottile che era in
guerra col cibo. Una guerra che voleva vincere da sola. Invece, ha
perso. C’ è un solo modo per salvare tante donne come lei: una legge
che consenta il Trattamento sanitario obbligatorio.
Da pochi giorni Anna non c’è più. Veramente, per tutti noi che le
volevamo bene, lei era Annina. Perché era una ragazza sottile come
il gambo di un fiore, con occhi smeraldo, persa dentro una nuvola di
capelli rossi. Perché era così tanto piccola che quel nome da
bambina le andava proprio a pennello.
Purtroppo non ho mai conosciuto Annina quand’ era una ragazza libera
dalla prigionia dell’anoressia. Quando l’ ho incontrata covava già
una gran rabbia contro il cibo. Lo trattava come qualcosa che
attentasse alla purezza del suo corpo, che voleva dissacrarlo.
<Mangiare mi sporca il corpo e l’anima> mi aveva detto davanti alla
macchinetta del caffè della Mondadori, dove lavoravamo. <Mi piaci
come parli della mia malattia> aveva aggiunto diretta.
<Vorrei tanto che se un giorno qualcuno parlasse di me fossi tu a
farlo. Ma non pensare che io voglia morire troppo presto. No. Voglio
guardare il mio futuro dalla finestra della mia vita>.
Non credo che annina mentisse. Da allora, in ogni baruffa, lei ci
teneva a rassicurarmi che camminava dentro un tunnel di cui non
vedeva ancora la luce in fondo. Ma che l’ avrebbe trovata. Ed era
così convincente, con quel suo sorriso ironico e gioioso, che io le
ho creduto per troppo tempo. Purtroppo conosco bene l’anoressia. Ce
n’è una puramente estetica che diventa un vero disturbo
dell’alimentazione. Le protagoniste di tale malessere si lasciano
prendere dal mito della magrezza come bellezza estrema. Ma poi,
sull’orlo del baratro spaventate fanno marcia indietro. Altre,
malate di anoressia terminale, non sentono l’odore della morte, né
smascherano i suoi agguati. Ingaggiano invece una guerra con lei,
sicure di poter vincerla. Anzi umiliarla. Certe che sia il cervello
a dominare i riti e i bisogni del corpo. Annina era una di quelle.
<<Non hai ancora capito che io preferisco volare in alto. Guardarvi
da lassù> mi diceva. Quando mi infuriavo davanti a qualunque pazza
attività sportiva potesse mangiarle la carne, tornava fatalmente
pentita. <Aiutami. Cerca di capire che questa è una
tossicodipendenza> mi ha detto l’ultima volta. Poi, quando le tenevi
la mano, Annina si girava dall’altra parte. Voleva toccare il tuo
amore per lei. Ma non era capace di nutrirsi nemmeno di quello. Ogni
aiuto era vano. Anche quello medico. <Non voglio essere ricoverata
nel reparto delle cure obbligatorie> mi aveva detto ancora, quando
era già solo due occhi e un vestito che camminava con un’ombra
dentro. Annina è morta in casa. Si è addormentata nel suo
sfinimento.
Allora io dico no. Basta morire di anoressia!Sono centinaia le
ragazze che muoiono dentro le loro ossa. Ogni giorno. Perché una
giovane donna in coma deve essere obbligata a curarsi? Il
sottosegretario alla salute Francesca Martini aveva proposto di
modificare la legge, inserendo il Trattamento sanitario obbligatorio
specifico, in centri specializzati per l’ anoressia. Ma non ha
potuto mantenere la sua promessa. Eppure ci vuole una legge che
fermi questa strage. <Oggi non sono in forma, Stellina. Ma domani
andrà meglio. Volevo farti un saluto. Ma quando torni dal tuo
viaggio?> Questa qualche giorno fa è stata l’ultima mail. Non ho
fatto in tempo a tornare, Annina.
Non sono stata capace di aiutarti ancora una volta. Ma nel tuo nome
e nella tua memoria non abbandonerò più una battaglia che potrà
salvare molte fra quelle ragazze come te.
Fragili e sottili come gambi di fiori.
Stella Pende