anestetizzare le emozioni con una realtà alternativa Riflessione
10) AMICA TV
Il mezzo più frequentemente
adottato per lasciar volare la propria fantasia, alimentandola con input che
poi modificava a suo piacimento, era costituito dai film. Li guardava decine
di volte; li assaporava, li assorbiva, tanto da sentire le sue labbra
muoversi in sincronia con le battute recitate nella scena del momento.
Grazie al cinema, aveva sviluppato la capacità di entrare totalmente nella
scena, diventando parte attiva di quella meravigliosa finzione. Quei mondi
immaginari, grazie al videoregistratore, si ripetevano fedelmente ogni
qualvolta la ragazza lo avesse desiderato. Così, ecco il perpetuo
avvicendarsi di commedie, soprattutto quelle ambientate negli anni '50 e
'60; storie che avevano sempre la trama giusta e il finale giusto, un vero
toccasana (o droga?) per chi aveva diritto (e bisogno) di sognare.
E'
bello ripensare allo sguardo spensierato che le sgorgava naturale quando
assisteva ai film del suo adorato Elvis Presley, così come è facile
ricordare il suo volto preda di rapimento emotivo durante un classico come
"Via Col Vento". Non è davvero molto comune che una bambina si appassioni a
film come quello, ma quando glielo si faceva notare, la piccina scuoteva la
testa con sufficienza.
Cercava una dimensione in cui essere bambina, e
quelle proiezioni gliela garantivano.
Le bastava quello.
Oh, certo,
non erano solo le pellicole a catturarle l'anima. Quelli erano gli anni di
"Bim Bum Bam" e di cartoni come "Candy Candy" e "Bia", piccoli tesori
pomeridiani che le donavano pace e voglia di magia. Spesso, in classe, si
fissava su un punto, o spaziava con lo sguardo fuori dalla finestra
rievocando le gesta dei suoi personaggi preferiti e chiedendosi
cos'avrebbero fatto nella puntata del giorno.
Questo accadeva soprattutto
con i suoi “amici” più cari: i protagonisti di Saranno Famosi (Fame). Con
loro riusciva a creare una realtà parallela alla sua, riusciva a plasmare
gli aspetti della vita che non comprendeva, quelli dolorosi, surrogandoli
con danze e canti. E così tutto diventava magicamente un gioco, un altro
film con una protagonista d’eccezione: se stessa.
Il rituale pomeridiano
iniziava
attorno alle 16.00. Come ho già detto, i suoi lavoravano e non le
concedevano spesso di uscire. Così scendeva a passi lievi fino in taverna e
si piazzava davanti alla TV, pronta a viaggiare nei sogni che avrebbero
preso forma di lì a poco.
Nonostante i ferrei divieti, al rituale non
dovevano mai e poi mai mancare i biscotti. Grazie a loro, la sensazione di
totale evasione dalla realtà era completa. Il sentire sciogliere nel palato
quell'abbraccio di zuccheri, sommato alla dimensione onirica delle immagini
in TV era un piacere quasi totale, tra il cerebrale e il fisico. Nel tempo,
quella quotidiana solitudine di piacere edonistico, diventò un
irrinunciabile rifugio.
ChiaraSole
Tanto Ormai...........
Ringrazio
Martina per aver scritto questa riflessione… nella malattia tutti conosciamo
questa espressione: a partire dal sintomo fino ad arrivare al modo di vivere
in tutte le sfere … è la sindrome del TANTO ORMAI.
Ad esempio… se
nella mia testa lo schema consentito dei biscotti che posso mangiare è 3,
qual ora “inavvertitamente” ne mangiassi appena un piccolo pezzettino in più
SCATTA il massacrante tanto ormai!
Tanto ormai ho rotto lo schema e
posso continuare, anzi devo…
Oppure ancora:
Tanto ormai non
valgo nulla e a che serve dimostrare a me e agli altri il contrario
Tanto ormai sono grassa…
Tanto ormai non mi sono alzata dal letto
oggi, al limite lo farò domani, ma poi perché farlo… TANTO ORMAI!!!
Tanto ormai!
Tanto ormai!
E’ come dire TANTO ORMAI a che serve
lottare!?!?! ChiaraSole CONTINUA >>