di Elisa S.
Volevo
iniziare la mia riflessione sulla tipologia di partner che ciascuna di noi
sceglie di avere al proprio fianco partendo da alcune frasi che la maggior
parte di noi ha detto o sentito dire:
“è come mio padre; ho bisogno di
lui; mi fa soffrire ma non riesco a lasciarlo; vorrei fosse diverso; è la
mia vita; mi ha salvato; mi vergogno di lui; sono sempre attratta da partner
fidanzati; è diventato la mia ossessione”
Pochi enunciati dietro ai quali
si cela il valore enorme che depositiamo nei partner a cui ci leghiamo o ci
siamo legate nel corso della nostra malattia;
diversi identikit di uomini
ognuno dei quali può rivelare un qualcosa delle nostre dinamiche familiari o
personali.
Dei partner scelti su misura in base al momento storico, alle
nostre esigenze e alle nostre storie più intime.
Nel mio “Vai e Vieni” di
partner, ho visto alternarsi uomini dalle personalità e dalle vite più
diverse gli uni dagli altri, ma paradossalmente legati da un unico filo
conduttore.
Il mio primo ragazzo, avevo 16 anni, aveva molti più anni
di me, precisamente otto, era un gran lavoratore poiché aveva abbandonato
gli studi dopo la terza media;
fu uno scandalo per la mia famiglia
sapermi con Lui.
Mia mamma sminuiva gli uomini, a partire da mio padre,
che non avevano una formazione culturale.
Questo ragazzo ha rappresentato
il primo “NO” nei confronti di mia madre, una donna dalle regole e dai
valori saldi e ferrei, a volte troppo costrittivi verso i quali sentivo
l’esigenza di ribellarmi e liberarmi.
Fu poi la volta di un ragazzo, L. ,
che conobbi durante un soggiorno studio in Inghilterra, me ne “innamorai”
subito, quello che poteva sembrare un amore adolescenziale, una storiella a
distanza, finita dopo qualche mese che rientrammo in Italia, si trasformò
nel corso degli anni in una grande ossessione.
Non era sufficiente che
conoscessi altri ragazzi per dimenticarlo; bastava un suo sms, la sua
finestra di chat che lampeggiasse, un e-mail, che subito tornava ad essere
il mio primo pensiero.
Mi intrufolavo nelle chat o nei forum in cui
sapevo che era iscritto per prendere informazioni su di Lui, sono andata più
volte a trovarlo nella città in cui viveva cercando disperatamente di
riconquistarlo, non importava se erano passati due tre o sei anni da quel
bacio a Cardiff, io “Volevo Lui”, mi sono tatuata sulla pelle alcune parole
che mi aveva detto prima che ci salutassimo all’aeroporto, e ho deciso di
iniziare gli studi universitari nella sua città di origine.
Mi spinsi
fino al punto di dire ad un ragazzo con cui avevo una relazione stabile da
un anno che se L. si fosse fatto vivo io avrei interrotto la relazione per
Lui.
L. per molti anni ha rappresentato la conquista della vicinanza di
Mio Padre, un padre che per lavoro doveva stare giorni e giorni lontano da
casa, un padre che desideravo raggiungere e seguire ma non potevo, ero
piccola e allora aspettavo con ansia il suo ritorno.
Durante i primi anni
di sintomo bulimico iniziai a frequentare un ragazzo tossicodipendente,
abusava di cocaina, e io vomitavo all’incirca una volta al giorno.
Dicevo
che Lui era l’unico che mi poteva capire, e solo Io potevo capire Lui.
Era la sofferenza il nostro legame.
Io ancora non avevo ben compreso la
potenza distruttiva della mia malattia, mi vedevo più forte di Lui, dovevo
aiutarlo a venirne fuori, dovevo Salvarlo dalla droga.
I miei genitori
erano in ansia e a posteriori sono venuta a sapere che mi seguivano a
distanza ad ogni appuntamento che avevo con LUI.
Questo ragazzo era lo
specchio della mia sofferenza, del mio dolore, della malattia che iniziava a
non lasciarmi via di scampo, ma io non riuscivo a riconoscere tutto questo
su di me, io vedevo il suo di dolore.
Solo grazie ad un attenta
psico-analisi sono riuscita a comprendere che tutti quegli sforzi tesi a
liberare Lui dal male erano in realtà e inconsciamente sforzi tesi a salvare
me dal dolore che mi stava investendo.
Ho avuto diversi uomini che si
dimostravano molto aggressivi e violenti nei rapporti sessuali.
Mi veniva
imposto di fare cose che io non volevo fare ma non riuscivo a dire di NO.
Assecondavo ogni loro desiderio, senza provare alcun piacere, avevo un gran
senso di sporco addosso dopo ogni rapporto.
Arrivai ad utilizzare il
sintomo bulimico, abbuffate e vomito, prima e dopo il rapporto per
anestetizzare e far scomparire ogni brutta e dolorosa sensazione che mi
lasciava.
In ciascuno di loro rivedevo il ragazzo con cui ho avuto il mio
primo rapporto sessuale.
Un ragazzo violento che mi ha lasciato di quel
momento un solo ricordo, tanto dolore, sangue, io che urlavo fermati e lui
che continuava.
Ho imputato per molti anni a me la colpa se il mio primo
rapporto è stato un esperienza terribile, avrei dovuto dirgli di NO e invece
non ce l’ho fatta ed è stato questo il motivo che mi ha spinto per svariato
tempo a concedermi a ragazzi violenti, il bisogno di punirmi rivivendo ogni
volta un dolore atroce.
Credevo anche che questo fosse il prezzo da
pagare per far si che avessi un uomo al mio fianco.
Perché avevo bisogno
di uomo al mio fianco, quell’ uomo, mio padre, che quando ero piccola era
via, quell’uomo che mi è mancato per tanto tempo, quell’uomo che da grande
ho cercato in tanti altri uomini senza mai trovarlo.
La bulimia mi
stava divorando, la percezione di me era sempre più distorta, ero chiusa in
casa, mi vergognavo ad uscire, e il vuoto dentro di me si amplificava,
passai al binge: ingerivo grandi quantitativi di cibo senza vomitarlo, il
mio corpo iniziò ad assumere sempre più chili rafforzando e “giustificando”
il mio isolamento.
L’unico mezzo “sociale” che avevo a mia disposizione
era il pc, e le chat si trasformarono nei miei luoghi di incontro, dandomi
la possibilità di conoscere gente senza farmi vedere.
Conobbi in questa
realtà virtuale un ragazzo.
Mi trattenevo fino a notte inoltrata a
chattare con lui e rifiutavo ogni sua proposta d incontrarci dal vivo.
Quando ci vedemmo, dopo mesi e mesi di chiacchiere al pc, io non provai
attrazione nei suoi confronti mentre Lui dimostrò di averla nei miei.
Titubai un po’ prima d iniziare a frequentarlo, poi mi decisi nonostante non
mi piacesse.
Questo ragazzo era presente, era al mio fianco, e mi
mostrava di volerci stare nonostante non avessimo avuto un rapporto
sessuale, nonostante io non mi apprezzassi, nonostante io fossi malata.
Mi sono illusa per due anni e mezzo di amarlo e altresì mi sono illusa di
aver trovato in Lui il riscatto di un padre non presente.
P.
rappresentava il padre che avevo sempre desiderato, entrambi erano amanti
dei Motori, quella passione che portava mio padre a viaggiare fuori
dall’Italia mentre in P. trovavo la possibilità di vivere questa passione
con Lui.
P. mi stringeva fra le braccia, mi coccolava, mi accarezzava i
capelli come faceva mio padre di ritorno dai suoi viaggi.
Con P. ebbi il
riscatto delle affettuosità che mio padre mi diede solo saltuariamente.
Non amavo P. , ma dipendevo da Lui e Lui da me!!!
Un legame simbiotico ci
teneva uniti e non potevamo fare a meno l’uno dell’altro nonostante ci
rendessimo conto che non esisteva alcun sentimento.
Per chi come me ha
vissuto due anni di anoressia e poi è passata dall’ ”altra parte”, durante
il sintomo bulimico, l’idea di controllo puramente anoressica era
fortissima, ma ogni forma di controllo che cercavo di attuare su di me era
fallimentare.
Sperimentai il godimento di ritrovare questo controllo,
Manipolando, Controllando, Imponendomi sulla vita di P.
Lui doveva
vestire secondo i miei gusti, doveva uscire con determinati amici, doveva
formarsi per fare il lavoro che io volevo facesse.
P. ha rappresentato
anche il riscatto del controllo anoressico perso con l arrivo del sintomo
Bulimico.
Scusatemi volevo essere meno prolissa, ma questo è un argomento
molto importante, delicato e soprattutto complesso per questo ho cercato di
raccontarvi di me, per cercare di far comprendere attraverso degli esempi
veri e concreti.
Ogni partner su misura è per noi qualcosa di diverso da
un semplice compagno di vita e questo qualcosa si trova nella storia più
intima di ognuna di noi.
La sofferenza, il riscatto, l’amore
irraggiungibile di un padre, un bisogno viscerale, la contestazione, la
ripetizione di una dinamica familiare, un riparo sono solo alcuni dei volti
che i nostri partner su misura possono assumere.
Elisa S.